Quanto un fundraiser dovrebbe portare alle casse della sua organizzazione ogni giorno?

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Una delle domande più frequenti e insidiose rivolte dai dirigenti delle organizzazioni che vogliono organizzare un piccolo ufficio di fundraising è:

“Ma quello che spendo poi rientra? E in quanto tempo?” (MALE!)

Questa domanda legittima è una domanda posta male. E quindi la risposta non può che essere confusa e stentata, anche se viene posta un esperto di fundraising.

La domanda giusta infatti non è quella sopra, ma sarebbe questa:

Come dobbiamo organizzare il lavoro del nostro piccolo ufficio di modo che un po’ alla volta possiamo presumibilmente rientrare dei nostri investimenti e marginare per avere risorse da immettere nei nostri servizi e progetti istituzionali?” (BENE!)

La prima domanda è appoggiata sul vuoto pneumatico. Assomiglia a chiedere: “Mi amerai per sempre?”. Non c’è una risposta sicura e valida, nè una sua approssimazione… bisogna tirare a indovinare, per quel che vale!

Invece la seconda domanda apporta degli elementi di senso nei quali sono contenute già delle risposte. Ma visto che tenere il mistero non aiuta nessuno, cerchiamo di sciogliere questi nodi parlandoci in modo aperto e chiaro.

Partiamo dall’assoluto: un fundraiser deve portare a casa anche volontari, beni e risorse varie, ok! Ma per prima cosa o assieme a tutto questo deve anche portare denaro, perché il costo del lavoro si paga col denaro e non col tempo dei volontari o con il valore di mercato dei beni che si ricevono in donazione.

Piaccia o non piaccia, per quanto sia logico, affermiamolo: da un certo punto in poi il costo del lavoro dei fundraiser deve derivare per intero dall’attività di fundraising!

Detto in altri termini, se sei un fundraiser o un dirigente che vuole lanciare il fundraising, devi avere assolutamente chiaro che dopo tre anni il 100% della retribuzione dei fundraiser deve provenire dalle varie attività di raccolta fondi. E’ come quando si dice: “Devi portarti a casa lo stipendio”. Magari non è la frase più morbida del mondo, ma la logica e la dinamica deve essere questa.

Ma questo non può avvenire il primo anno e normalmente neanche nel secondo anno di start-up del fundraising. O meglio, di norma non è possibile che avvenga perchè ci si trova in una di queste 3 situazioni:

  • PER CHI E’ IN AVVIO DEL FUNDRAISING: se la vostra esperienza nel fundraising strutturato è pari a zero e vi mancano tutti i fondamenti di metodo e gli strumenti, allora non avete a disposizione i necessari fattori produttivi del fundraising. Quindi per voi il lavoro da fare è dotare la vostra organizzazione di un piccolo ufficio di fundraising, legittimarlo e sostenerlo finanziariamente per un paio abbondante di anni, finché cioè non sarà riuscito a dotarsi dei fattori produttivi che generano le entrate che andranno sia a coprire il costo del lavoro, che i costi vivi del fundraising, che a produrre il margine per il sostegno di progetti e servizi
  • ANCORA PER CHI E’ IN AVVIO DEL FUNDRAISING (O IN RISTRUTTURAZIONE): se anche avete le idee chiare, sapete quali sono i fattori produttivi del fundraising necessari e siete pronti ad attrezzarvi in tempi brevi, è molto facile che siate finiti dentro a un vicolo cieco rispetto al metodo da applicare per organizzare in modo funzionale la vostra raccolta fondi strutturata. La normalità è fare qualsiasi cosa che abbia potenziale di raccogliere fondi, il che vuol dire sistematicamente finire a raccogliere poco, in modo disordinato e quindi comunque non riuscire a coprire neppure gli investimenti, lasciamo stare i margini e tutto il resto. Questa confusione sul metodo provoca l’allungarsi del periodo in cui il vostro piccolo ufficio di fundraising non è autosufficiente, il che diventa motivo di stress, delusione e sfiducia nel fundraising (quando ad essere errato invece è il metodo applicato!). In sostanza, in questa situazione state sprecando opportunità e condannano il vostro fundraising e la vostra sostenibilità al declino, però per “colpa” vostra!

NB: anche per chi avvia il fundraising esiste la maniera di recuperare gli investimenti anche nell’arco di 12-18 mesi. Chiaramente l’impegno e la dedizione da infondere sono davvero grandi e serve un intervento corale di tutti i livelli dell’organizzazione, ma si può fare… il primo suggerimento di ordine pratico è: NON FARE TUTTO IN UNA VOLTA E NON FARSI AMMALIARE DAI CANTI DELLE SIRENE CHE TI DISTRAGGONO DALLE AREE PRIORITARIE DI LAVORO!

Invece, per chi sta già facendo fundraising, di norma la situazione è questa:

  • PER CHI STA RISTRUTTURANDO IL FUNDRAISING: voi state già facendo fundraising, quindi in teoria siete a posto coi fondamentali e conoscete bene qual è il metodo di raccolta fondi strutturata adatto a un piccolo ufficio (no, non è quello che trovi nei sacri tomi!). L’errore madornale e comune che ci si trova ad affrontare in questi casi è concentrarsi su quel che non è redditizio ma “scintillante” o modaiolo senza rendersi conto che le risorse che chiama a sè sono molto ma molto maggiori di quelle ottenibili come ritorno diretto nel medio periodo. L’esempio classico è quello di chi investe (meglio: spende/brucia!) in digital senza aver prima messo a posto e presidiato le altre aree fondamentali.

NB: a differenza del percorso che aspetta chi è in start-up, per chi ristruttura il fundraising seguendo un metodo a misura di piccolo ufficio, è ben probabile rientrate dei nuovi investimenti anche nell’arco dei primi 12 mesi-18 mesi. Come sempre vale la regola: esistono aree prioritarie e altre secondarie. Esistono aree costo-efficienti e altre che non lo sono mai. Esistono investimenti sul breve che si giustificano nel modo più assoluto nel lungo periodo (e quindi vanno fatti!) e purtroppo azioni che richiedono una spesa prolungata che però non sono mai autosufficienti, che hanno sempre bisogno cioè della stampella di altre azioni per giustificarsi.

Ma, andiamo al punto: alla fine quanto dovrebbe portare a casa un fundraiser?

Dipende dall’anno di vita del fundraising in cui ci troviamo. Supponiamo comunque una retribuzione lorda/costo aziendale di partenza di circa 25.000€/anno, che significa uno stipendio da dipendente di circa 1.200€ * 13 mensilità. (NOTA: sono delle approssimazioni come sicuramente capisci benissimo!)

Lo schema di sintesi che ti propongo è questo:

Anni di vita del fundraising12345
Costo aziendale/retribuzione lorda25.000€25.000€27.000€27.000€30.000€
Costi vivi del fundraising3.000€3.000€5.000€5.000€8.000€
Entrate prevedibili20.000€30.000€50.000€70.000€100.000€
Risultato (differenza entrate – costi)(-)8.000€+2.000€+18.000€+38.000€+62.000€
Ipotesi di un solo fundraiser retribuito con progressivo aumento del tempo lavoro

Come vedi la salita è graduale e salire chiama a sè tempo lavoro, oltre che mezzi per fare fundraising. A dire che la crescita del fundraising deriva direttamente da più lavoro e più strumenti.

Guardiamolo da un altro punto di vista ancora e poi chiudiamo.

Quanti giorni lavorativi ci sono in un anno solare? Circa 250 (togli i weekend, 1 mese di ferie e le festività). Va detto subito che in realtà i fundraiser lavorano mediamente di più, proprio perché si mangiano volontariamente ferie e festività pur di fare quel che va fatto. Ma per comodità stiamo su 250 giorni.

Se il costo del lavoro che abbiamo ipotizzato è di 25.000€/anno, allora:

25.000€ costo del lavoro / 250 giorni lavorati = 100€/giorno di costo del lavoro

E quindi, quanto dovrebbe portare a casa ogni giorni in media un fundraiser?

Valgono assolutamente le considerazioni fatte con la tabella precedente, ma diciamo tranquilli e sereni che in un piccolo ufficio di fundraising per essere pienamente orientati alla sostenibilità anche chi si occupa delle aree di lavoro meno profittevoli dovrebbe ragionare in questi termini:

Cosa posso fare oggi per portare a casa almeno 150€?, se sei il fundraiser di turno. Oppure:

“Come devo organizzare il nostro piccolo ufficio di fundraising perché chi ci lavora sia nelle condizioni di portare a casa almeno 150€ al giorno?”, se sei un dirigente retribuito o volontario.

Che vuol dire anche:

“Cosa posso fare e che priorità devo dare a me e ai miei colleghi per lavorare ogni giorno orientati a una produttività del 150%?”

Ti è sicuramente chiaro che questo è un esercizio mentale, che poi si può tradurre in buone pratiche. E anche che non è viceversa la pretesa che ogni giorno un fundraiser porti a casa realmente 150€. Se però al metodo di lavoro per un piccolo ufficio applichiamo questa logica e questa ottima abitudine nel modo di ragionare, c’è tutta una serie di effetti benefici che si genera a cascata, che ti metto sotto forma di domande chiarificatrici:

  • riuscirai a mettere ordine nelle priorità: su quale parte della famigerata piramide del fundraising devi davvero concentrarti?
  • ti chiederai con più consapevolezza: il modello della piramide del fundraising che ho trovato nei libri, si adatta alla realtà di un piccolo ufficio come il tuo?
  • cosa ha senso lasciare perdere, o trattare di meno, o mettere comunque in seconda fila e gestire una volta fatto quel che va fatto come priorità?

Di tutto questo iniziamo a parlare lunedì 26 ottobre durante il primo webinar “45 minuti in Cantiere”, dal titolo “Se vuoi scalare la piramide del fundraising, devi rovesciarla!”. Per partecipare, CLICCA QUI e iscriviti alla membership gratuita Cantiere Fundraising, riceverai subito un invito!

Mi auguro di averti fatto buon servizio con questo approfondimento, intanto un caro saluto e

Avanti Tutta!

– Riccardo –

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