Quando mi chiedono “Che cosa fai di lavoro?”, la risposta è:

Organizzo e faccio crescere piccoli uffici di fundraising affinché diventino autonomi, in un tempo prestabilito e seguendo dei passi obbligati e necessari.

Il punto centrale è: “affinché diventino autonomi, in un tempo definito”.

Per fare che ciò sia possibile, il mio ruolo è quello “temporary manager” (termine mutuato dal mondo delle imprese), che nel nostro caso significa “direttore del fundraising per un tempo prestabilito”.

Il temporary manager è un libero professionista che entra nelle aziende quando ci sono da sistemare una volta per tutti dei nodi intricati e irrisolti che riguardano una o più aree strategiche. Il temporary manager riceve delega da parte del consiglio di amministrazione per sciogliere questi nodi e così “riavviare” l’andamento dell’azienda, che era entrata in uno stato di blocco o di crisi.

Lo stato di blocco o di crisi è comune a moltissime organizzazioni non profit dedite al fundraising, che possono avere staff impiegato ma soffrono per la mancanza di aggiornamento sul contesto della filantropia e sulle metodologie e tecniche di fundraising. Il tratto comune a tutte queste organizzazioni è la mancanza di un piano di lavoro che metta in coordinamento tutte le

Il temporary manager presenta un progetto con tempi previsti, risultati da raggiungere, budget necessario e quindi organizza le risorse esistenti per eseguire questo piano. Per riuscire nel suo compito, è necessario che il temporary manager ha bisogno di:

  • conoscere i fatti e le dinamiche più intime dell’azienda: le difficoltà interne, i sogni, gli obiettivi
  • sedersi al fianco di chi già lavora nell’azienda per accompagnare l’apprendimento e l’esecuzione di quanto c’è da svolgere, facendo squadra tra colleghi
  • rapportarsi con la direzione in un rapporto tra pari, improntato alla schiettezza e all’impegno

“Organizzo” perché per fare fundraising bisogna:

  • avere delle persone che LAVORANO sul fundraising
  • avere un piano di lavoro